USI E COSTUMI DELLA CANAPA: TRA CULTURA E RELIGIONE
Considerata in alcuni Paesi illegale e subdola delle più controversie guerre proibizionistiche, rimane ancora oggi una pianta sacra per diverse culture.
Le innumerevoli citazioni in testi storico-religiosi antichi, fanno intuire come la cannabis fu davvero importante per i suoi usi terapeutici, per la meditazione e la costante ricerca di Dio per alcuni popoli.
L'uso della cannabis è attestato già nell'antico Egitto faraonico. Alcuni ricercatori hanno avuto la possibilità di ritrovare ad El-Amarna nella tomba di Amenhotep IV (Akhenaton), un faraone che regno nel XIV secolo a.C., resti di tessuto di canapa. Cosi come la presenza di polline di Cannabis identificata nel suolo del sito di Negada, in uno strato datato alla metà del III millennio a.C. e, sorprendentemente, all'interno della mummia di Ramesse II, faraone che morì agli inizi del 1200 a.C.
Un contenuto a base di polline di canapa è stato ritrovato anche in una mummia del periodo tolemaico, datata attorno al 100 a.C.
Molto importante per riconoscere l'effettiva appartenenza a quel periodo storico per gli studiosi è l'aspetto linguistico legato al riconoscimento della pianta.
Secondo il dott. Dawson (1934) ha proposto l'identificazione del nome e del geroglifico “Shemshemet” con la Cannabis.
Il primo riferimento a questo nome si trova nei Testi delle Piramidi datato circa al 2350 a.C.
In essi vi si legge: “ Il Re ha legato le corde della pianta “shemshemet” riconducendo quindi l'utilizzo della canapa per la sua fibra.
Anche alcuni scritti in lingua ieratica, ritrovati in diversi papiri medici, come nel Papiro Ramesseum III, datato intorno al 1700 a.C. si può leggere: “Un trattamento per gli occhi: sedano, “shemshemet”; viene pestato e lasciato nella rugiada per tutta la notte. Entrambi gli occhi del paziente devono essere lavati con questo alla mattina”, così suggerendo che si tratti di un rimedio per problemi legati all’occhio o alla vista.
Nel papiro di Ebers, redatto durante la XVIII dinastia (1550-1295 a.C.), si legge un rimedio di natura ostetrica: “Un altro medicamento per raffreddare l'utero ed eliminare il suo calore: “shemshemet”; pestare in miele; introdotto nella sua vagina. Questa è una contrazione”.
Nel papiro di Berlino, redatto durante la XX Dinastia (1186-1069 a.C.) si può leggere: “un rimedio per trattare l'infiammazione: foglie o cime di Shemshemet, olio bianco. Da usare come unguento”.
Come ho già in precedenza indicato, la cannabis è originaria delle zone temperate dell'Asia. Tuttavia i dati archeologici indicherebbero come area d'origine più probabile la Cina centro-orientale, e che da questa regione, la pianta si diffuse nelle altre regioni durante i periodi neolitici dell'umanità. Questo verrebbe affermato nell'antico erbario Pen-tsao Ching, compilato durante la dinastia Han I o II secolo d.C. ma che riporta tradizione molto più antiche, viene riportato come la canapa cresceva selvatica attorno al monte T'ai, situato nell'attuale provincia di Shangtung, nella regione più centro orientale della Cina, e la citazione dell'erbario potrebbe quindi indicare il fatto che quell'aria fu la zona originaria della pianta.
Dal V al III millennio a.C., si diffuse nelle province centro-orientali di Honan e Shanxi, la cultura neolitica di Yang-Shao. Lo attesterebbe un ritrovamento di alcuni vasi di terracotta con incise le impronte di tessuti e cordami di canapa che servivano, appunto, per la loro fabbricazione. Sempre nella stessa provincia di Shanxi, furono ritrovate all'interno di una tomba del sito di Huanhsien, impronte di tessuti di canapa, inducendo quindi a pensare come questo popolo conoscesse già le qualità della fibra utilizzata come materia prima per la produzione di cordami e tessuti.
Altri reperti chiamati “documenti di giuramento” appartenenti alla cultura Chou Orientale, altro non sono che lastre di giada o di pietra con dipinte sopra delle iscrizioni rosse, dove appare il carattere “ma” che significa “canapa”, ma anche seconda aggettivazione attribuibile all'effetto psicotropo della pianta, testimoniando il fatto che non era utilizzata solo per la sua fibra.
Nella Cina occidentale, situate in una regione desertica dello Xinjiang, ad Yanghai, vennero ritrovate alcune tombe, una delle quali conteneva il corpo di un uomo intorno ad una quarantina di anni. Fra il suo corredo funebre sono stati ritrovati un cesto e una scodella di legno contenenti un ammasso vegetale costituito da frutti, foglie e steli di Cannabis. L'analisi con il metodo del radiocarbonio ha fornito la data del 500 a.C. e inoltre, un ulteriore sviluppo, ha portato nel credere, date le tipologie di offerte funerarie associate alla tomba, che quest'uomo fosse uno sciamano, in quanto la funzione della canapa appare essere associata alle sue proprietà psicoattive.
Un altro interessante ritrovamento, risalente ad un periodo anteriore al 104 a.C., fu la scoperta di alcuni frammenti della carta di canapa scoperti in una tomba di un sito archeologico della provincia di Shanxi, un fatto che anticipa la data dell'invenzione della carta in Cina, solitamente attribuita a Marquis Ts'ai Lun nel 105 d.C.
Nei secoli dopo Cristo la documentazione diretta su tessuti, carta e cordami di canapa diventa più frequente fra i reperti archeologici in tutta la Cina. Come ad esempio il cosi detto “uomo di Yingpan” datato attorno al 300 d.C. e ritrovato in una necropoli del bacino di Tarim a Yingpan.
Il viso dell'uomo è coperto interamente da una maschera fatta di canapa e di gesso, mentre la tunica è composta da seta e fili d'oro.
Oltre ai reperti archeologici però, esistono molteplici riferimenti anche nei testi più antichi, come nel testo Shih Ching (“Libro delle Odi”) risalente al periodo della dinastia Chou (1046-256 a.C.), descrivendo brevemente la preparazione della fibra per l'impiego tessile della canapa.
Nel libro di Li Chi “Documenti dei Riti”, risalenti al medesimo periodo, vengono date esplicite istruzioni sull'uso dei vestiti in occasione di riti funebri e che i semi di canapa sono indicati come un importante alimento usato dai re durante alcuni periodi dell'anno.
In uno scritto del 500 d.C., il medico e prete taoista T'ao Hung-chin affermò che i frutti di canapa, combinati con il ginseng, erano usati dai maghi per scopi divinatori.
Oltre al materiale storico trovato in Cina, che insegna come la cannabis era già fin da tempi antichi conosciuta, l'India e il Nepal sono il secondo luogo di storia di questa pianta, inquanto ha svolto e continua a svolgere un significativo ruolo religioso.
L'uso tantrico della cannabis sorse in India attorno al VII secolo d.C., tra pratiche e dottrine dell'Induismo Shivaita e del Buddhismo tibetano.
Il suo uso cerimoniale è attestato già nell'Atharva Veda (una delle quattro suddivisioni canoniche dei Veda) antica quanto quella del Soma.
Mentre il Soma era un sacramento, la Cannabis (chiamata Bhang) era considerata una pianta speciale usata per scopi magico-sciamanici. L'Atharva Veda cita il Bhang insieme al Soma, entrambe facenti parte delle cinque piante usate a quei tempi "per la liberazione dalla sofferenza". La pratica dello yoga, non esclude nel suo senso originale l'uso di droghe psicoattive, in particolare la Cannabis, per l'acquisizione dei poteri magici (siddhi). Patanjali riporta che i siddhi possono essere ottenuti alla nascita, oppure con le droghe vegetali (oshadhikrita), od attraverso la pratica dei mantra, o con l'ascetismo o, infine, con la concentrazione. Nel Bengala, dove lo yoga tantrico raggiunse il suo culmine, la stessa Cannabis veniva chiamata siddhi. Il Tantrismo riunisce l'uso cerimoniale della Cannabis e l'impiego consapevole dei "veleni" con lo yoga sessuale in un sistema completo di pratiche per il raggiungimento del mahanirvana ("grande nirvana").
Esistono tuttavia diverse leggende legate alle religioni indiane, come ad esempio la leggenda di “Shiva, Parvati e la Cannabis”:
“Shiva, il creatore e distruttore del mondo, viveva con la sua compagna Parvati sulla cima del monte Himalaya, il tetto del mondo.
Ma non rimaneva mai in casa, bensì amava vagare sulle montagne, ove si dava ai piaceri conviviali con le ninfe celesti.
Ciò dispiaceva a Parvati. Così ella si mise a cercare un mezzo per legare lo sposo a se e alla casa. Trovò una pianta di canapa, della quale portò con se i resinosi fiori femminili.
Appena Shiva fece ritorno a casa, Parvati gli diede da fumare la canapa. Immediatamente Shiva, colto da grande eccitazione e da infinita concupiscenza, afferrò la sua compagna. Con divina beatitudine essi si unirono. Shiva sperimentò un’estasi santa, che più tardi doveva aprire le porte del paradiso ai suoi adoratori.
Da allora, Shiva rimase con la sua sposa Parvati. E sempre, prima di unirsi, fumavano la canapa. Per questo, la canapa è il miglior afrodisiaco: è stata donata agli esseri umani perché possano vivere insieme felici nella pace domestica.”
O come questo racconto indiano sulla canapa: “Maisur Dewar viveva nella giungla Ranjhukarola, e si manteneva filando i vestiti. Un giorno, quando era nella profonda foresta, trovò un cobra femmina e se ne innamorò. Prese l’abitudine quotidiana di andare a massaggiare le sue mani e i suoi piedi.
Un giorno lo fece con tanto vigore, che si sentì stanco e si lamentò profondamente. Il cobra femmina pensò: “Il mio Dewar è stanco, come posso mandargli via la stanchezza?” Si graffiò la testa ed estrasse due semi e glieli offrì. “Pianta questi – disse – e quando gli alberi cresceranno, raccogli le foglie, fai una pipa di terracotta, e fuma(le)”.
Ma Dewar per errore prese le foglie con acqua, e ciò lo rese così ubriaco che non poté né vedere né udire.”
Si può decisamente notare come queste leggende indichino l'influenza di una pianta come la Canapa, nelle tradizioni, culti e miti di alcuni popoli antichi e come alcune di queste tradizioni vengono ancora tramandate.
La storia ci insegna come altri popoli, ad esempio i greci, vennero a conoscenza delle proprietà di questa pianta, quando per la prima volta, incontrarono gli Sciti del Ponto durante la loro colonizzazione del Mar Nero.
Gli Sciti altro non erano che un insieme di tribù nomadiche che vissero fra il VII secolo a.C. e il III secolo d.C. La loro provenienza probabilmente, secondo alcuni studiosi, è asiatica in quanto esistono strette relazioni culturali con le antiche Culture Kurgan dell'Asia Centrale.
Erano abili cavalieri, guerrieri feroci e ricchi pastori. Grazie a queste caratteristiche, entrarono subito in contatto con gli avamposti commerciali fondate sulle coste del Mar Nero.
A descriverne i dettagli delle loro tradizioni fu Erotodo, uno storico greco antico, famoso per aver descritto paesi e persone da lui conosciuti durante i numerosi viaggi, considerato da Cicerone “il padre della storia”.
Pertanto, voglio proporre un passo preso dal IV libro delle “storie”, che descrive uno dei riti celebrati appunto dagli scoloti, ma che i greci chiamavano sciti.
“... Dopo un funerale, gli sciti si purificano in questo modo. Si spalmano il capo con un unguento, che poi lavano via. Per il corpo invece fanno così. Innalzano tre pali, inclinati l’uno verso l’altro, e vi stendono sopra delle coperte di feltro, che uniscono l’una all’altra il più strettamente possibile. Poi, in un vaso posto al centro dei pali e delle coperte, pongono delle pietre arroventate al fuoco. Cresce nelle loro terre una canapa (kannabis) che assomiglia in tutto al lino, salvo per altezza e larghezza, che sono molto maggiori. Questa canapa cresce sia spontaneamente che coltivata. Anche i traci ne fanno dei vestiti simili ai vestiti di lino, e chi non l’ha mai vista non sarebbe capace di dire se sono fatti di lino o di canapa; e chi non conosce la tela di canapa crederebbe che si tratti di lino. Di questa canapa,dunque, gli sciti prendono il seme e, entrati sotto le coperte, lo gettano sulle pietre arroventate al fuoco; allora il seme libera un fumo odoroso e produce un vapore tale che nessuna stufa greca potrebbe farne altrettanto; inebriati da questa sauna, gli sciti lanciano urla di gioia...”.
Secondo Erotodo, questo rito funebre si lega ad un tema religioso antichissimo, quello del viaggio estatico nel mondo dei morti.
Inalando il fumo di cannabis, i parenti del defunto credono che le loro anime si stacchino dal proprio corpo e accompagnino il morto alla suo nuova dimora, l'aldilà.
Numerose ricerche archeologiche evidenzierebbero come questo popolo conoscesse bene le pratiche di utilizzo della canapa.
Nel sito archeologico della valle del fiume Pazyryk, nelle montagne dell'Altai orientale, sono state ritrovate alcune decine di tombe a tumulo (kurgan) risalenti al 500-300 a.C.
Nel Kurgan di Pazyryk 2, vi erano seppellite le mummie di una donna e un uomo, quest'ultimo un probabile condottiero di circa 60 anni. Come in quasi tutte le inumazioni di Pazyryk, i cadaveri venivano sottoposti a un trattamento di mummificazione prima della sepoltura. Accanto ai loro corpi sono stati ritrovati numerosi resti come utensili e strumenti musicali.
Nella sepoltura dell'uomo di Pazyryk 2, è stato ritrovato un calderone di bronzo e coperto con della corteccia di betulla; nel suo fondo è stato ritrovato del feltro, mentre la parte superiore oltre ad essere riempita da grosse pietre, conteneva semi di canapa, alcuni delle quali carbonizzate.
I resti non finiscono qui. Ad esempio è stato ritrovato sempre nello stesso sito, un tripode sopra ad un incensiere di rame, probabilmente utilizzato per l'inalazione del fumi di canapa insieme ad un braciere di bronzo, contenente semi carbonizzati di canapa indiana.
Fu ritrovata anche una camicia, costituita da canapa e Kendyr. Pertanto oltre all'inalazione dei fumi legate ai semi o alle sue infiorescenze, questo popolo la utilizzava anche per produrre del vestiario.
L'influenza sull'utilizzo della cannabis da parte di questi popoli nelle aree del Mediterraneo fu certamente rilevante, inquanto sono stati ritrovati numerosi risalenti in quest'area soprattutto nell'antica Giudea.
La figura più comunemente collegata a quest'area oltre alla religione che ne susseguì fu appunto la figura di Gesù.
Secondo un articolo recensito dalla rivista High Time, Chris Bennet spiega come Gesù fosse quasi certamente un consumatore di cannabis nonché uno dei primi sostenitori delle proprietà medicinali della pianta, secondo uno studio di testi scritti pubblicati nel 2003.
Lo studio suggerisce che Gesù ed i suoi discepoli, insieme ad altre piante medicinali, la usassero per le cosidette “guarigioni miracolose”. Ora non voglio sembrare blasfemo ma vorrei soltanto sottolineare quanto la scienza oggi giorno spieghi “scientificamente” tutto ciò che poteva essere riconosciuto soltanto come un “miracolo” in quell'epoca.
Dunque, come sostiene il ricercatore Bennet sia l'olio utilizzato per le unsioni sia l'incenso usato per le cerimonie religiose contenevano un ingrediente chiamato “kaneh-bosem”, un estratto della cannabis, facendo notare che sebbene molte persone scelgano di fumare o mangiare la cannabis, le sue proprietà possono essere assorbite anche attraverso la pelle, sotto forma di olio.
Un altro professore di Mitologia Classica alla Boston University, Carl Ruck, a sostegno di questa tesi afferma che la facile e lunga tradizione di utilizzo della cannabis nel giudaismo antico si ritrovano inevitabilmente anche nella cultura dei primi cristiani.
Citando appunto il Nuovo Testamento, Bennet conclude dicendo: “Se in passato la cannabis è stata uno degli ingredienti principali degli oli antichi, e se aver ricevuto quest’olio ha reso Gesù il Cristo e i suoi seguaci i Cristiani, allora perseguitare coloro che fanno uso di questa droga dovrebbe essere considerato anticristiano.”
Un affermazione dunque che lascia profondamente pensare!
Vediamo come nei secoli a venire, sopratutto nel Medioevo, alcune di queste tradizioni e simbologie legate alla cannabis dal Medio-Oriente, vengono diffuse anche in Europa, attraverso la mediazione dei crociati.
Nel libro il “Vecchio della Montagna”, scritto da Rustichello da Pisa, vi è una storia raccontata ne “Il Milione” di Marco Polo.
La storia, racconta di un luogo protetto da un castello fra le montagne in cui il capo Hasan-i Sabbah aveva creato una sorta di paradiso terrestre con cibo e divertimenti come quelli descritti da Maometto, dove alcuni giovani da lui selezionati, provavano tutti i piaceri della vita.
Da questo luogo, gli “scelti”, potevano entrare e uscire soltanto profondamente addormentati.
Quando il Vecchio aveva bisogno di un assassino, faceva cadere il suo adepto in un sonno profondo somministrandogli dell'hashish o oppio, e lo faceva svegliare fuori dal “paradiso”. Il malcapito quindi, sarebbe potuto rientrare solo dopo aver portare a termine la propria missione a condizione del fatto che avrebbe fatto ciò che gli era stato richiesto.
Con alcuni ritrovamenti di semi di canapa risalenti al periodo tra il X e il XIII secolo, sappiamo che ormai era già largamente diffusa in Europa orientale e centrale. In una nave-tomba rinvenuta in Norvegia della regina Oseberg, tra le offerte funebri, erano presenti semi e tessuti di canapa.
In effetti, durante l'alto Medioevo comincia ad usarsi il filo di canapa per la tessitura, effettuata quasi in maniera simile a quella del lino.
Dopo la venuta di Cristo, come la storia insegna, si diffusero oltre al cristianesimo, anche altre religioni che seguivano l'antico ed il nuovo testamento e analogamente sempre legati alla figura Gesù.
Dopo la caduta di Costantinopoli e il “grande scisma” della chiesa di Stato dell'Impero Romano, nell'Europa orientale nacque e si diffuse la Chiesa Ortodossa.
Presente in maggior numero nei paesi dell'Europa orientale, esistono vari tipi di chiese ortodosse come la Chiesa ortodossa russa, quella greca, quella copta in Egitto e quella ortodossa di Etiopia.
Legata alla Chiesa ortodossa di Etiopia, legata appunto al nostro argomento, è la religione del rastafarianesimo.
Il Rastafarianesimo è una fede religiosa, nata negli anni trenta del Novecento. Il nome deriva da Ras Tafari, l'imperatore che nel 1930 salì al trono di Etiopia con il nome di Hailè Selassié.
In seguito alla sua incoronazione, milioni di persone riconobbero in lui una discendenza divina, riconoscendo in lui il Cristo, nella sua seconda venuta.
Questo fu profeticamente annunciato dalle Sacre Scritture, essendo egli il diretto discendente della tribù di Giuda e come indicano le sue radici dall'incontro tra Re Salomone (figlio di Davide) e la regina di Saba, narrato nell'antico libro chiamato Kebra Nagast che riveste una certa importanza nella tradizione ortodossa etiope a cui tutti i rasta (i suoi seguaci) fanno riferimento.
La marijuana è certamente simbolica per questa religione in quanto è associata all'Albero della Vita e della Saggezza che era presente nell'Eden, e numerosi riferimenti sostengono sia cresciuta sulla tomba di Re Salomone. Alla base di ciò la marijuana ed i suoi estratti sono considerati preziosi sia come erba medicinale ma anche come erba apportatrice di saggezza e ausilio alla preghiera.
Oltre alla sua nascita in Etiopia, ben presto grazie alla predicazione del leader Marcus Garvey, il rastafarianesimo si diffuse presto in tutto il mondo soprattutto nelle zone caraibiche del Sud America, una di queste la Jamaica.
Qui giocò un ruolo fondamentale, in quanto le sue radici spirituali si unirono a quelle musicali dell'isola, e il reggae venne riconosciuto come musica dei rastafari per definizione, anche se venne diffusa e resa internazionale dai primi anni Settanta, grazie ai suoi maggiori esponenti: Bob Marley e Peter Tosh.
Questi ultimi, insieme ad altri numerosissimi artisti dell'isola, citavano e citano tutto'ora nei loro testi, le proprietà della cannabis e il proibizionismo legato ad essa.
E' pertanto impossibile non notare come una semplice pianta riesca a coinvolgere pienamente la cultura, la religione, la musica, l'aspetto sociale e politico di un determinato popolo.
Pertanto, tutto ciò fa parte di noi e del nostro passato.
E come indicava in una nota Indro Montanelli, “un popolo che ignora il passato non saprà mai nulla del proprio presente”.
Tanto vere le sue parole che ancora oggi, per convenienza o per menefreghismo molte persone ignorano, non essendo a conoscenza del fatto di come il nostro passato, ricco di storia e di cultura, potrebbe farci crescere, eliminando gran parte dell'ignoranza e del razzismo tra le varie e tantissime etnie presenti al mondo, garantendo un futuro sicuramente migliore per le future generazioni a venire. Spesso e volentieri però, questo principio di uguaglianza diventa utopico.